Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Questa è la seconda parte di un articolo orientativo per comprendere meglio l'arte terapeutica della psicomagia, questa volta più dalla parte del consultante
6 - Dimenticare dettagli dell’atto durante la consulta - Chiave di svolta: Presenza!
Un altro grande classico che non ha nulla a che fare con la memoria è la dimenticanza.
Il nostro piccolo io rettile ha i suoi meccanismi di difesa, come la fuga, l’attacco, l’autodistruzione, la mimesi ed il congelamento. Dimenticare dei dettagli fondamentali per esempio, può essere considerata una forma di mimetizzazione, un nascondimento per svolgere un atto nella maniera sbagliata, per non ottenere gli effetti voluti e ritrovarsi sani e salvi nella propria vecchia e nota pelle. Una sua variante è quella di congelare letteralmente delle “zone di comprensione” affinché ciò che si è inteso a livello inconscio, durante una consulta, eviti di risalire alla consapevolezza analitica. Tradotto, se da un consulto si evidenzia un segreto di famiglia, un abuso o qualsiasi altra correlazione fino ad allora invisibile, una parte consapevole di sé si congela all’istante per poter continuare a non capire, a non vedere ciò che l’inconscio ha già compreso.
Un primo passo che può diventare un salto gigantesco accade se, con infinita delicatezza, si invita il consultante ad abbassare un pelo le difese, a sciogliere quel ghiaccio che lo protegge da una emozione troppo forte, ad abbandonarsi ad una antico dolore, ad un pianto che attendeva decenni di defluire.
Ricordo io stesso i miei personali congelamenti, a fronte di verità sconvolgenti, i quali venivano a galla di consulta in consulta durante i miei primi anni di formazione. Un bravo psicomago sa bene quando e se forzare e sempre rispetta, come già detto, il livello di sopportazione coscienziale ed emotiva di chi ha di fronte. In altri casi, e dall’altra parte del tavolo, ho svolto consulte con persone che sembravano non avere ben compreso l’abissalità di ciò che gli si stava lasciando intravedere. Ricordo di una persona nello specifico, che aveva continui e ciclici problemi relazionali di coppia che viveva in maniera frustrante e dolorosa. In quel frangente bastò fargli notare come, dopo la morte della madre avesse preso inconsciamente il ruolo di moglie di suo padre e che meglio per lei sarebbe stato manifestare pienamente, alla luce del sole, tale ruolo, vestendosi come la madre e andando a cena col suo padre/marito, per poi infine liberarsi di quei vestiti innanzi a lui e ritrovarsi come figlia e come donna. La consultante in quel caso, non svolse mai l’atto suggeritole (se non forse nel teatro del suo inconscio) e persino dimenticò il nostro incontro, non adducendogli l’importanza capitale che io gli avevo dato. Dopo sei mesi trovò un compagno e dopo una manciata di altri divenne anche, felicemente, madre...misteri dell’Intento Divino che cerca il Suo Bene e la Sua Verità, al di là di un io e di un mio.
Per concludere non dico di evitare tali mimesi e congelamenti funzionali, ché nessuno decide a priori cosa e come atteggiarsi adultamente e lecitamente, solo provo a suggerire, sii presente! Sii presente anche alla tua non presenza. Vigila.
Questo è più che altro un saggio consiglio di vita che provo a darmi ogni giorno e che rimando anche a te.
7 - Cambiare dettagli dell’atto durante lo svolgimento - Chiave di svolta: Concentrazione!
Una variante della dimenticanza è la sostituzione. La mente che mente del piccolo rettile ne sa una più del diavolo per restare viva e sostituire uno o più dettagli di un atto, nella convinzione che siano esattamente quelli suggeriti, seguendo un’abile strategia di sopravvivenza. Sono innumerevoli i casi, sia di miei consultanti che di altri seguiti durante i corsi e i seminari, ad avere auto boicottato un atto con un cambiamento ad hoc anche di un solo ma significativo dettaglio. Un classico è l’inversione dei simboli maschile e femminile, per cui per esempio, il lato sinistro del corpo viene dipinto color oro e viceversa quello destro color argento, riproponendo di conseguenza l’inversione di ruoli archetipi sulla quale si stava lavorando. Ricordo un altro caso in cui suggerii ad una consultante di mettere in una borsa nera una pietra nera, simboleggiante il fratello morto e portarla con sé per tre giorni al fine di elaborare il lutto, la mancanza e la propria “morte in vita” per avere preso il posto di tale stretto consanguineo. Ebbene, la consultante svolse l’atto per filo e per segno, solo che non sapendo dove mettere i suoi effetti personali ebbe l’abilità di infilarli nello zaino nero assieme alla pietra/fratello. Con un tale atto riproponeva a sé stessa quella incapacità di darsi il diritto di essere al mondo, senza il senso di colpa di essere sopravvissuta al proprio fratello. Nulla di particolarmente problematico se la sostituzione viene alla luce. In un caso come questo l’atto va risvolto per intero mantenendo la massima concentrazione sulle azioni da compiersi ed evitando che il piccolo rettile prenda il sopravvento.
L’Io Osservatore, quello che nelle tradizioni yogiche viene chiamato Maha Bindu, (Il grande punto centrale), deve essere risvegliato per potere, da qui, da tale centro con-centrato, porsi in cima alla “montagna della consapevolezza” e vigilare, ancora una volta, sui goffi tentativi di sviare da parte dell’ego.
8 - Coinvolgere nell’atto altre persone senza che siano state richieste - Chiave di svolta: Solitudine!
Anche quando vengano coinvolte altre persone nell’atto, questo resta sempre un rituale solitario. Di una solitudine tutta interiore, principalmente, dovuta al compromesso totale con sé stessi, vera chiave di volta nei rituali di psicomagia e psicosciamanismo, come già spiegato nell'articolo dedicato al rapporto tra sciamanismo e psicomagia. Coinvolgere altre persone tra le altre cose, può avere effetti collaterali non indifferenti, quali per esempio, l’immettere altri dettagli simbolici non solo non necessari ma anche inconsciamente funzionali ad un auto boicottaggio.
Ricordo il caso di un consultante che avendo subito un abuso, sentì bene di farsi aiutare nello svolgimento del suo atto da una persona con una grande componente manipolatoria, anche se questa non era stata espressamente richiesta nelle indicazioni del rituale. Naturalmente, anche in tale caso, l’atto è stato correttamente rifatto.
In alcune situazioni la presenza di una persona di fiducia può aiutare a mettere in scena un atto particolarmente intenso da un punto di vista emotivo o difficile da svolgere tecnicamente, in talaltre circostanze la solitudine è davvero condizione imprescindibile.
Compiere un atto psicomagico, lo ricordiamo sempre, è affrontare una sorte di morte simbolica, che naturalmente viene vissuta con intensità emotiva ed il giusto timore reverenziale. Nessuno muore accompagnato, anche se la forza e la presenza di molte testimonianze in primis dello psicomago e poi di tutti coloro che ne hanno affrontato uno, aiutano, sostengono ed ispirano nel sentirsi meno soli ad attraversare questa soglia, questo bardo di passaggio, come insegna la tradizione del buddhismo tibetano.
E vi garantisco che se ne esce sempre più forti, lucidi e compassionevoli.
9 - Affidarsi a persone poco consapevoli o poco disponibili quando queste siano state richieste per lo svolgimento dell’atto - Chiave di svolta: Alleanza!
Se il nostro inconscio collettivo è collegato, chiunque venga convolto in un atto non vi entrerà mai per caso ma per necessità simbolica alla costituzione del quadro narrativo concernente il nostro mythos famigliare, o nei termini di una conferma di esso, in un tentativo di auto boicottaggio, oppure del suo totale rinnovamento. Considerato ciò, sarebbe bene scegliere le proprie alleanze in maniera strategica e sensibile.
Alcune volte una persona specifica viene suggerita dallo psicomago facendo riferimento a qualche componente del clan famigliare, altre volte, date le indicazioni necessarie, può accompagnarci un amico o un amica di fiducia, particolarmente premuroso, ancora prima che consapevole di cosa comporti lo svolgimento di un atto rituale di tale natura. La persona coinvolta dovrebbe essere la sola informata del senso pieno dell’atto e naturalmente dovrebbe mantenere il massimo riserbo su ciò che accade prima, durante e dopo. L’atto deve mantenere la sua valenza sacrale e rituale, aspetti questi che vanno preservati ad ogni costo e che contribuiscono a creare il giusto set entro il quale svolgere la propria missione “creativo/terapeutica”.
Una volta terminato l’atto è bene ringraziare la persona che ci ha accompagnato e scioglierla dal ruolo che ha interpretato (un padre, una madre, un fratello o altro), attraverso una semplice formula: “Ti ringrazio per avere interpretato il ruolo di.....”, e pronunciando infine il suo vero nome come a sancire il ritorno nei propri panni.
Un buon, sensibile, intelligente e presente alleato fa la differenza nella corretta messinscena di questo teatro magico che è lo psicorituale simbolico.
10 - Avere una domanda precisa ed essere compromessi ma senza la fiducia di fondo necessaria nello psicomago a cui ci si affida - Chiave di svolta: Fiducia!
Come già ribadito, affidarsi ad uno psicomago implica necessariamente mettere in campo un atto di fiducia totale in sé stessi, nella propria capacità di abbandonarsi alle forze del Più Grande che attraverso questo arte-terapeuta e noi stessi, ci guidano. In realtà l’uno, lo psicomago e l’altro, il consultante, sono entrambi al servizio di un Intento che cerca sempre e solo la più profonda autenticità e verità di Sé Stesso.
Che noi siamo gettati in questa esistenza senza nulla sapere e privi del libretto di istruzioni è vero, che ab origine nulla possiamo e nulla scegliamo è vero, che proprio in virtù di tale ignoto originario nascono a valle tutti i Miti della Creazione, le storie collettive e personali, una psiche, nel tentativo sensato di darsi una risposta, questo è vero. Che questa esistenza è attraversata a monte dalle forze che ci orientano non tantoverso la risposta al proprio stesso enigma quanto alla piena consapevolezza della Sua soluzione è altrettanto vero. Che un Bene a-personale ci guida e ci protegge e che nulla di tutto ciò che ci ha condotto qui è un caso, ciò è totalmente vero.
Come insegna il mio maestro di meditazione, Franco Bertossa, ciò è testimoniato non solo dal nostro affermarlo, ma persino dal nostro negarlo e dubitarlo, poiché in nome di tale negazione e di tale dubbio stiamo sempre e solo cercando di non essere ingannati. Noi siamo alla ricerca del Vero.
All’inizio ed in ultimo non v’è un senso in tutta questa storia.
E la fiducia in questo saperlo è il sommo Bene.